Testo integrale dell’omelia pronunciata da Papa Francesco il 27/3/2020

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.

È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).

Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.

Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.

Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).

San Pietro, 27.3.2020

Interventi del Parroco don Mario

10 aprile 2020 – Venerdì Santo

Carissimi parrocchiani,
la mattina del Venerdi Santo è la stessa che vedeva non pochi di noi presenti nel battistero dove era allestito il cosiddetto Scurolo, raccolti prima nella preghiera liturgica delle Lodi mattutine e poi nella preghiera personale.
In questo Venerdì Santo manca lo Scurolo e mancate anche voi ma non è mancata la preghiera!
Mi sento però di confessarvi un po’ di tristezza che afferra il cuore e la mente, ma è una tristezza che non mi abbatte e che, anzi, offro a Gesù sulla Croce per la nostra parrocchia, per il futuro della nostra parrocchia: perché libera da tutte le resistenze degli uomini e illuminata dallo Spirito santo, percorra un cammino che la renda luogo in cui imbattersi nell’amore di Dio e solo in esso.
Invito tutti voi che insieme a me avete a cuore la parrocchia di S. Maria Nascente al QT8 a pregare e a offrire per questa stessa ragione.

 

5 aprile 2020 – domenica delle Palme

Carissimi parrocchiani, entriamo oggi nella Settimana santa.
Ieri sera davanti all’Eucarestia ho chiesto per tutti noi la grazia , in questa settimana santa, di volgere e tenere fisso lo sguardo al volto di Cristo.
Che il Signore ci conceda di distogliere lo sguardo da noi stessi, da quel che facciamo, da quelli che riteniamo essere i nostri meriti per volgerlo a Lui.

 

2 aprile 2020

“Mai un uomo ha parlato cosi” (Gv. 7,44). Sono le parole che leggiamo nel Vangelo di oggi.
Non possiamo non trovarle così attuali, così pertinenti, così vere. Ancor di più se pensiamo alle tante parole che che andiamo a cercare o che ci raggiungono in questi giorni dai giornali, dai notiziari della TV, che ci raggiungono sui nostri cellulari… parole che non poche volte avvertiamo quasi inutili, addirittura fastidiose.
In mezzo a un simile turbinio di parole, come si impongono queste poche del Vangelo che la Liturgia ci fa ascoltare: “Mai un uomo ha parlato cosi”.
Oggi è anche l’anniversario della morte di san Giovanni Paolo II. Risentiamo anche lui e preghiamolo per noi:
https://www.youtube.com/watch?v=HiopmrHsk68

 

1 aprile 2020

Ti ascolti il Signore nel giorno della prova, *
ti protegga il nome del Dio di Giacobbe.
Ti mandi l’aiuto dal suo santuario
e dall’alto di Sion ti sostenga.

Con queste parole iniziava il primo salmo dei vesperi che noi sacerdoti abbiamo recitato ieri sera ( il salmo 19) . L’ho avvertito tanto attuale e a nome dei presenti e di tutti, ho reso queste parole una preghiera innalzata davanti al Signore presente nel santissimo sacramento

Ascoltaci Signore nel giorno della prova
e oggi è giorno della prova
Proteggici tu che ci riveli e manifesti il nome di Dio.
Da questa chiesa che per la tua presenza diventa santuario di Dio venga l’aiuto
a noi che siamo qui davanti a te,
a coloro che in questo santuario sono soliti trovarsi per innalzare le tue lodi
a tutti quelli le cui case sorgono attorno a questo santuario.
Sostienici.

 

30 marzo 2020

Oggi abbiamo iniziato l’ultima settimana di Quaresima.
Sicuramente per me, ma credo anche per la stragrande maggioranza di noi, mai è capitato di vivere la Quaresima come ci è accaduto di viverla quest’anno. Non ci è passata sopra testa come in genere accade.
Forse non è stato proprio volontario, ma di certo un digiuno quaresimale lo abbiamo fatto;
il digiuno della nostra istintività…
il digiuno di tanti rapporti… e relazioni
il digiuno di tante parole…
e se mai fosse accaduto che questi digiuni ci avessero fatti sentire in una sorta di… solitudine, sono certo che proprio essa ci abbia aiutato ad avvertire noi stessi, DAVANTI al MISTERO, come poche volte ci accade. In modo proprio essenziale.

30 marzo, ore 21.30

Questa sera ero un po’ triste perché in chiesa eravamo proprio in pochi. Probabilmente la pioggia ha trattenuto a casa anche i più fedeli.
Prima di impartire la quotidiana benedizione, mi sono rivolto ai presenti dicendo: ”Questa sera siamo proprio in pochi , però vi chiedo una cosa: pensate a tutte le persone che desiderereste vicine a voi in questo momento a ricevere la benedizione di Dio… Inutile dirvi – continuavo – che io sto pensando a tutti i parrocchiani.

 

29 marzo 2020

Carissimi parrocchiani, voglio condividere con voi su queste pagine del sito della parrocchia, quanto mi sono trovato a leggere questo pomeriggio davanti al S.S. Sacramento, esposto anche oggi, come sempre nella nostra Chiesa: si tratta del messaggio del nostro Arcivescovo per la pasqua. L’ho trovato bello, vero, consolante; soprattutto l’ho avvertito come di grande aiuto nel vivere la fede che ci è stata donata, la stessa fede chiesta alle sorelle di Lazzaro. Quella fede che davvero fa la differenza nel vivere quotidiano… sempre e in particolare in questi tempi.
Il messaggio Lo si trova certamente in internet; ma voglio essere io a farvelo conoscere.

SCARICA >> Mario Delpini – La potenza della Sua Resurrezione

La nostra chiesa nel pomeriggio di domenica 29 marzo

 

28 marzo 2020

Questa mattina ho iniziato la S. Messa avendo impressa nella mente l’immagine del Santo Padre che percorre lo scivolo che lo conduce all’altare allestito in piazza San Pietro. Solo, affaticato, quasi claudicante; fragile… un “nulla” rispetto a ciò che si accingeva a fare… un “nulla” di fronte alla tempesta che sta avvenendo ma – pensavo – quella apparente fragilità e quella apparente impotenza nelle quali non possiamo non riconoscerci, in realtà sono segno della grandezza dell’uomo che sta davanti a Dio, quando sta davanti a Dio.
In quell’uomo, il Papa, solo, fragile, mi sono ritrovato io personalmente e ho voluto ritrovare tutti i miei parrocchiani che, durante la Messa, ho poi condotto con me davanti a Cristo che si offriva sull’altare per tutti noi.

 

27 marzo 2020

Ho assistito in TV alla preghiera del Papa.
In quei momenti, ho avvertito di essere parroco come non mi era mai accaduto prima e avrei voluto poter parlare a tutti i miei parrocchiani per far loro sapere che sono vicino a loro nella preghiera in modo particolare in due momenti della giornata: quando celebro la s. Messa, e il pomeriggio davanti al Ss. Sacramento.

Racconti al tempo del coronavirus

Vi invitiamo ad inviare dei pensieri di condivisione e speranza su come stiamo vivendo questi giorni, al fine di aiutarci a rimanere in comunione ed edificare il nostro cammino. Chi volesse può inviare il proprio contributo a don Alessandro ([email protected]).


Piove a Roma, piove ovunque…
tutti se ne sono andati,
nelle proprie case, tutti,
e la preghiera intonata
non può ritrovare un’eco.

Vuoto abbraccio, chiesa vuota,
nessun clamore gioioso,
l’Arca di Pietro vacilla,
la terra, nel suo insieme,
pare sprofondi, all’istante,
in onde agitate e ostili.

Il Papa, solo, all’aperto,
nella piazza solitaria,
sale scalini piovosi
che lo portano all’altare
con l’ostensorio elevato.

Nel silenzio, l’ostensorio
parla all’umanità intera,
anche se lungi e infedele,
parla di viva presenza,
parla di speranza certa.

Davanti al Papa c’è Gesù:
i chiodi forano i piedi,
le spine cerchiano il capo,
sudore amaro di sangue
pervade il suo corpo,
e lui bacia il crocifisso.

Davanti a Cristo, le braccia
del Papa, s’aprono a croce,
facendosi offerta a tutti:
Cristo è nel suo sguardo umile,
il Papa è in occhi divini.

Cristo, santo crocifisso,
guarda con gli occhi piangenti,
guarda le piaghe nascoste
ed è intensamente mosso,
profondamente commosso,
la pioggia insiste in città.

Nino


Il lunedì 24 febbraio 2020 trovandomi in chiesa all’annuncio della  Messa sospesa ho preso un brutto colpo. Brutto bruttissimo come un lutto. Insieme ineluttabile e inaccettabile. Per me la messa del mattino era TUTTO.

Quando nel luglio del 2004 sono arrivata in Terrasanta avevo 60 anni ed ero tranquillamente inquieta dentro un attivo percorso intellettuale. Avevo capito con chiarezza studiano la storia del mediterraneo e l’evoluzione della coscienza nell’uomo che Cristo ne costituiva lo snodo, il punto di passaggio necessario a cui tutto il precedente cercare a tastoni confluiva e il punto da cui sgorgava una  nuova la storia dell’uomo. Questo mi teneva nel desiderio di una indagine quotidiana sempre nuova ma non mi muoveva alla richiesta di una conversione. Mi sentivo sulla mia strada. Il Vangelo era incommensurabilmente IL LIBRO della conoscenza e  io ero molto interessata agli indizi e ai segni che ne avrei trovati nei luoghi in cui era stato vissuto e scritto.  

Ma a Nazaret, alla Messa ascoltata un po’ di lato nella basilica della Annunciazione davanti alla grotta, improvvisamente è cambiato tutto. Un avvenimento improvviso e poi un decorso lentissimo: come una nascita seguita dalla crescita e dal faticoso farsi della coscienza dell’essere nati. Ed è da allora in ogni messa del mattino, di tutti i giorni, che poco per volta vengo attratta da un Altro, tirata fuori dall’ombra. Tirata fuori come dice il Benedictus “dalle tenebre e dall’ombra di morte” in cui il mio pur acuto conoscere mi relegava.  Da allora per me la Messa è l’enorme mistero che ogni giorno dischiude un imprevisto spiraglio verso il Volto di Dio.

Ed ORA?

Ed ora che spavento! Che perdita di orientamento. Che dolore! E ora dove andremo? “Solo Tu hai parole di vita eterna”. Eppure questo è avvenuto, avviene. All’inizio ho cercato di recuperarla, di recuperare la Messa dove potevo poi ho ubbidito, prima con dolore acuto e rabbia, come un bambino abbandonato, poi con fede.

Il mercoledì 4 marzo sono venuta a S.M.N. per portare a casa la Madonna Pellegrina. Era il mio turno. E mi si è allargato il cuore entrando in chiesa. C’era esposto il Santissimo, e nei banchi  persone ordinate, silenziose in adorazione, i sacerdoti presenti. Ho ritrovato la Chiesa. L’adorazione non è il miracolo che si rinnova ogni giorno nella Messa, ma ne è la conferma. Cristo  nell’Adorazione è presente e la Chiesa ne è il corpo: ora la ritrovavo in carne e ossa.  

Sono rimasta per il tempo dell’Adorazione e ne sono uscita con la Madonnina. Viaggiando verso casa  ho chiesto il suo aiuto e Lei mi ha aiutato davvero. In tempi ormai di isolamento nessuno poteva venire a dire il rosario a casa mia. Tra me e S.M.N. c’è di mezzo un percorso in MM ora sconsigliato.  Allora l’ho portata io, il venerdì da due amici vicini di casa. Abbiamo detto il rosario insieme. Un rosario di luce nei misteri del dolore e poi ci siamo detti la sofferenza del cuore, la mancanza della Messa, Il nostro essere stati privati di quel grande dono quotidiano in cui ci si apriva la finestra verso il Volto di Dio.  Sulla porta in piedi, mentre uscivo l’amica ha mormorato come tra sé che intendeva: intendeva il dolore delle anime del Purgatorio. Il dolore di essere private del Volto di Dio. Improvvisamente ho sentito che in questa mancanza mi veniva offerto il dono del mio purgatorio. Sono uscita dal rosario tenendo il mio dolore ma spento l’incendio della rabbia. Mi sono sentita nel mio Purgatorio,  in comunione con le anime del purgatorio. E loro, i miei cari e tutti i sofferenti per la mancanza di Dio stavano per me ad ascoltare le messe celebrate dai sacerdoti senza pubblico.

Da allora il dolore aperto e ripulito mi permette di ricevere un dono ogni giorno.

Tutte le mattine alle 7.00 c’è l’appuntamento con  la messa del Papa.  Mi consola, come una carezza, anche se alla Consacrazione mi accorgo di abbassare gli occhi. Non posso vederla sullo schermo. Manca il corpo. Rimane la memoria, questa sì, quando il sacerdote alza il calice.

Il corpo invece rimane nel rosario detto in chiesa ogni mattina con l’amica vicina di casa.  E la consolazione torna negli appuntamenti di preghiera con gli amici via web. 

E di nuovo il 19 marzo il  giorno di S.Giuseppe il custode di Terrasanta padre Patton celebrando anche lui senza fedeli nella chiesa di S.Giuseppe a Nazaret, piccola vicino alla grande basilica di Maria, mi ha allargato il cuore avvisandomi che quello che ci tiene assieme, che ci tiene Corpo della Chiesa,  non sono le pur care celebrazioni trasmesse via web ma è la reale efficace Comunione dei Santi.

Come è vero!  Ho cominciato a sentirla fisicamente. Una voce, una parola inattesa ogni giorno me la richiama. Mi sono accorta che anche solo pensare che l’ Adorazione  Eucaristica in S.M.N. Avviene ogni pomeriggio con la presenza reale fisica dei miei amici, anche se io non sono presente, mi fa sentire con loro.

E ora in questo preciso momento, la Bianca mi telefona: “Ho pensato ad un quadro, all’urlo di Munch… Ho pensato al dolore di Cristo in croce.  E questo mi fa piangere”

Allora non sono sola. E a distanza di pochi  minuti ricevo una mail di don Ale sul vangelo di domani del cieco nato: “Gesù  annuncia  che la fragilità di quest’uomo non è una punizione ma  è un terreno fertile in cui le opere di Dio si possono compiere.”

Ogni ferita, ogni dolore ogni mancanza ogni cecità è terreno fertile in cui le opere di Dio si compiono ogni giorno.  

 QUESTA E’ LA COMUNIONE DEI SANTI. IN CIELO E IN TERRA.

Paola 

 


Una considerazione che facciamo in tanti è che credevamo di avere tutto sotto controllo e invece la realtà ci dice che non è così. Tra noi cristiani diciamo sempre che siamo fragili e impotenti, ma in fondo in fondo crediamo alla nostra capacità e bravura di far andare avanti le cose, e quello che sta accadendo ci disorienta. Per me all’inizio di questa situazione è stato così, ma poi mi è venuta subito la necessità di cercare i volti degli amici che mi testimoniano la presenza del Signore che mi fa compagnia e di aderire alle occasioni di preghiera in chiesa o in tv, come bisogno di affidarmi a Qualcuno di più grande che mi fa momento per momento e ha a cuore la mia vita. Ora sono isolata in casa, ma il fatto che non possa più portare avanti nemmeno i progetti “buoni” come la caritativa, la comunione agli anziani ammalati, il pacco ai bisognosi, mi fa riconoscere ancora di più che tutto è Suo. E’ una strana Quaresima dove non sono stata io a scegliere “il fioretto” ma dirgli di sì porterà a un bene, perché mai come adesso sono vere le parole “senza di Me non potete fare niente” però posso pregare per quelle persone, cioè fare la cosa più necessaria.

Patrizia

Esposizione del S.S. Sacramento

Continua, nella nostra chiesa, l’esposizione del S.S. Sacramento tutti i giorni (ad eccezione del venerdì, ma compresi sabato e domenica) dalle 16.00 alle 19.00.
E’ un gesto che intende richiamare la presenza misericordiosa di Cristo, nella nostra Parrocchia e nel nostro quartiere.

LUI E’ QUI.

Ogni sera, attorno alle ore 19.00, prima della riposizione del Santissimo Sacramento, don Mario invoca la divina benedizione sui presenti, sui loro cari, sulla parrocchia e sul Quartiere.