Racconti al tempo del coronavirus

Vi invitiamo ad inviare dei pensieri di condivisione e speranza su come stiamo vivendo questi giorni, al fine di aiutarci a rimanere in comunione ed edificare il nostro cammino. Chi volesse può inviare il proprio contributo a don Alessandro ([email protected]).


Piove a Roma, piove ovunque…
tutti se ne sono andati,
nelle proprie case, tutti,
e la preghiera intonata
non può ritrovare un’eco.

Vuoto abbraccio, chiesa vuota,
nessun clamore gioioso,
l’Arca di Pietro vacilla,
la terra, nel suo insieme,
pare sprofondi, all’istante,
in onde agitate e ostili.

Il Papa, solo, all’aperto,
nella piazza solitaria,
sale scalini piovosi
che lo portano all’altare
con l’ostensorio elevato.

Nel silenzio, l’ostensorio
parla all’umanità intera,
anche se lungi e infedele,
parla di viva presenza,
parla di speranza certa.

Davanti al Papa c’è Gesù:
i chiodi forano i piedi,
le spine cerchiano il capo,
sudore amaro di sangue
pervade il suo corpo,
e lui bacia il crocifisso.

Davanti a Cristo, le braccia
del Papa, s’aprono a croce,
facendosi offerta a tutti:
Cristo è nel suo sguardo umile,
il Papa è in occhi divini.

Cristo, santo crocifisso,
guarda con gli occhi piangenti,
guarda le piaghe nascoste
ed è intensamente mosso,
profondamente commosso,
la pioggia insiste in città.

Nino


Il lunedì 24 febbraio 2020 trovandomi in chiesa all’annuncio della  Messa sospesa ho preso un brutto colpo. Brutto bruttissimo come un lutto. Insieme ineluttabile e inaccettabile. Per me la messa del mattino era TUTTO.

Quando nel luglio del 2004 sono arrivata in Terrasanta avevo 60 anni ed ero tranquillamente inquieta dentro un attivo percorso intellettuale. Avevo capito con chiarezza studiano la storia del mediterraneo e l’evoluzione della coscienza nell’uomo che Cristo ne costituiva lo snodo, il punto di passaggio necessario a cui tutto il precedente cercare a tastoni confluiva e il punto da cui sgorgava una  nuova la storia dell’uomo. Questo mi teneva nel desiderio di una indagine quotidiana sempre nuova ma non mi muoveva alla richiesta di una conversione. Mi sentivo sulla mia strada. Il Vangelo era incommensurabilmente IL LIBRO della conoscenza e  io ero molto interessata agli indizi e ai segni che ne avrei trovati nei luoghi in cui era stato vissuto e scritto.  

Ma a Nazaret, alla Messa ascoltata un po’ di lato nella basilica della Annunciazione davanti alla grotta, improvvisamente è cambiato tutto. Un avvenimento improvviso e poi un decorso lentissimo: come una nascita seguita dalla crescita e dal faticoso farsi della coscienza dell’essere nati. Ed è da allora in ogni messa del mattino, di tutti i giorni, che poco per volta vengo attratta da un Altro, tirata fuori dall’ombra. Tirata fuori come dice il Benedictus “dalle tenebre e dall’ombra di morte” in cui il mio pur acuto conoscere mi relegava.  Da allora per me la Messa è l’enorme mistero che ogni giorno dischiude un imprevisto spiraglio verso il Volto di Dio.

Ed ORA?

Ed ora che spavento! Che perdita di orientamento. Che dolore! E ora dove andremo? “Solo Tu hai parole di vita eterna”. Eppure questo è avvenuto, avviene. All’inizio ho cercato di recuperarla, di recuperare la Messa dove potevo poi ho ubbidito, prima con dolore acuto e rabbia, come un bambino abbandonato, poi con fede.

Il mercoledì 4 marzo sono venuta a S.M.N. per portare a casa la Madonna Pellegrina. Era il mio turno. E mi si è allargato il cuore entrando in chiesa. C’era esposto il Santissimo, e nei banchi  persone ordinate, silenziose in adorazione, i sacerdoti presenti. Ho ritrovato la Chiesa. L’adorazione non è il miracolo che si rinnova ogni giorno nella Messa, ma ne è la conferma. Cristo  nell’Adorazione è presente e la Chiesa ne è il corpo: ora la ritrovavo in carne e ossa.  

Sono rimasta per il tempo dell’Adorazione e ne sono uscita con la Madonnina. Viaggiando verso casa  ho chiesto il suo aiuto e Lei mi ha aiutato davvero. In tempi ormai di isolamento nessuno poteva venire a dire il rosario a casa mia. Tra me e S.M.N. c’è di mezzo un percorso in MM ora sconsigliato.  Allora l’ho portata io, il venerdì da due amici vicini di casa. Abbiamo detto il rosario insieme. Un rosario di luce nei misteri del dolore e poi ci siamo detti la sofferenza del cuore, la mancanza della Messa, Il nostro essere stati privati di quel grande dono quotidiano in cui ci si apriva la finestra verso il Volto di Dio.  Sulla porta in piedi, mentre uscivo l’amica ha mormorato come tra sé che intendeva: intendeva il dolore delle anime del Purgatorio. Il dolore di essere private del Volto di Dio. Improvvisamente ho sentito che in questa mancanza mi veniva offerto il dono del mio purgatorio. Sono uscita dal rosario tenendo il mio dolore ma spento l’incendio della rabbia. Mi sono sentita nel mio Purgatorio,  in comunione con le anime del purgatorio. E loro, i miei cari e tutti i sofferenti per la mancanza di Dio stavano per me ad ascoltare le messe celebrate dai sacerdoti senza pubblico.

Da allora il dolore aperto e ripulito mi permette di ricevere un dono ogni giorno.

Tutte le mattine alle 7.00 c’è l’appuntamento con  la messa del Papa.  Mi consola, come una carezza, anche se alla Consacrazione mi accorgo di abbassare gli occhi. Non posso vederla sullo schermo. Manca il corpo. Rimane la memoria, questa sì, quando il sacerdote alza il calice.

Il corpo invece rimane nel rosario detto in chiesa ogni mattina con l’amica vicina di casa.  E la consolazione torna negli appuntamenti di preghiera con gli amici via web. 

E di nuovo il 19 marzo il  giorno di S.Giuseppe il custode di Terrasanta padre Patton celebrando anche lui senza fedeli nella chiesa di S.Giuseppe a Nazaret, piccola vicino alla grande basilica di Maria, mi ha allargato il cuore avvisandomi che quello che ci tiene assieme, che ci tiene Corpo della Chiesa,  non sono le pur care celebrazioni trasmesse via web ma è la reale efficace Comunione dei Santi.

Come è vero!  Ho cominciato a sentirla fisicamente. Una voce, una parola inattesa ogni giorno me la richiama. Mi sono accorta che anche solo pensare che l’ Adorazione  Eucaristica in S.M.N. Avviene ogni pomeriggio con la presenza reale fisica dei miei amici, anche se io non sono presente, mi fa sentire con loro.

E ora in questo preciso momento, la Bianca mi telefona: “Ho pensato ad un quadro, all’urlo di Munch… Ho pensato al dolore di Cristo in croce.  E questo mi fa piangere”

Allora non sono sola. E a distanza di pochi  minuti ricevo una mail di don Ale sul vangelo di domani del cieco nato: “Gesù  annuncia  che la fragilità di quest’uomo non è una punizione ma  è un terreno fertile in cui le opere di Dio si possono compiere.”

Ogni ferita, ogni dolore ogni mancanza ogni cecità è terreno fertile in cui le opere di Dio si compiono ogni giorno.  

 QUESTA E’ LA COMUNIONE DEI SANTI. IN CIELO E IN TERRA.

Paola 

 


Una considerazione che facciamo in tanti è che credevamo di avere tutto sotto controllo e invece la realtà ci dice che non è così. Tra noi cristiani diciamo sempre che siamo fragili e impotenti, ma in fondo in fondo crediamo alla nostra capacità e bravura di far andare avanti le cose, e quello che sta accadendo ci disorienta. Per me all’inizio di questa situazione è stato così, ma poi mi è venuta subito la necessità di cercare i volti degli amici che mi testimoniano la presenza del Signore che mi fa compagnia e di aderire alle occasioni di preghiera in chiesa o in tv, come bisogno di affidarmi a Qualcuno di più grande che mi fa momento per momento e ha a cuore la mia vita. Ora sono isolata in casa, ma il fatto che non possa più portare avanti nemmeno i progetti “buoni” come la caritativa, la comunione agli anziani ammalati, il pacco ai bisognosi, mi fa riconoscere ancora di più che tutto è Suo. E’ una strana Quaresima dove non sono stata io a scegliere “il fioretto” ma dirgli di sì porterà a un bene, perché mai come adesso sono vere le parole “senza di Me non potete fare niente” però posso pregare per quelle persone, cioè fare la cosa più necessaria.

Patrizia